È vero che da dantisti a dentisti il passo è breve, ma per chiunque voglia approfondire questa solo apparente paronomasia, e cercare un rapporto più stretto tra Dante e Denti, occorre ricordare che in fondo il Poeta era membro della Corporazione dei Medici e degli Speziali, e chissà, se fosse vissuto oggi, magari si sarebbe anche iscritto all’Aio.

È noto che il Sommo nella Divina Commedia usa spesso immagini forti, attingendo anche al nostro apparato stomatognatico, e ben oltre la famosa scena del conte Ugolino. Tali immagini sono già state peraltro, messe in evidenza ed enumerate da un lavoro recente, ed è facilmente comprensibile che una personalità risoluta come quella di Dante facesse ricorso sovente a rappresentazioni a tinte forti, ad espressioni di minaccia e di ferocia che ogni essere mostra quando dispone di una efficace struttura dento-parodontale e muscolo-scheletrica.

Ha destato maggior interesse, invece, in noi dell’Aio la visione del mondo, del sapere, del lavoro e dell’impegno politico dell’uomo e dell’impareggiabile intellettuale e pertanto, nell’anno delle celebrazioni Dantesche, avremmo potuto stupirvi con un programma culturale in endecasillabi a terzine incatenate, forse anche a sestine, ma abbiamo senz’altro declinato l’impegno a favore di uno schema stilistico più adatto ai nostri tempi, come anche il Sommo Poeta avrebbe forse suggerito.

Dante Alighieri, da quello straordinario intellettuale e creatore sublime che era, e che il resto del mondo ci invidia, ha destato l’interesse di letterati, cronisti, storici e uomini di cultura di ogni genere durante il corso di tutti questi secoli. È anche l’indiscusso Padre nobile della Patria, nata con grande ritardo forse anche perché dopo una lunga gestazione di grande bellezza. Dante ha vissuto molto intensamente i suoi tempi. Da personaggio politico e di governo, uomo d’armi, rappresentante di parte e mediatore  e infine anche da esule, ha sperimentato tutte le contraddizioni di un mondo complesso, com’era all’epoca e com’è oggi. Lo ha fatto attraversando le alterne vicende della sua vita, da Priore del “Governo di Popolo” prima a “ghibellin fuggiasco” poi, e infine da pentito, e non senza  forti contraddizioni, che ci restituìscono in fondo anche l’umanità di questo grande italiano, e che noi riconosciamo tale anche per questo.

Molti sono gli aspetti della cultura e la storia stessa del Bel Paese che la visione del mondo, del lavoro e dell’impegno politico di Dante hanno contribuito, quasi profeticamente a plasmare.

Anche noi, in piccolo, abbiamo voluto riprendere da Lui, qualcosa di modernissimo e di attuale, a nostro uso e consumo.

Non a caso nei mesi delle celebrazioni Dantesche, e nonostante la triste congiuntura, abbiamo programmato una serie di convegni dedicati, ognuno, alla figura dei nostri Maestri.

È proprio nei primissimi versi della Divina Commedia, da giovane adulto qual era, che Dante si ritrova smarrito, nella selva aspra e forte, riflesso della sua personale inquietudine, e proprio quando inizia a credere che il peggio sia passato che arretra nel panico alla vista delle tre fiere, la lonza, il leone e la lupa, allegoria dei classici ‘impedimenta’ teologici. Per fortuna apparirà Virgilio, il Maestro, e tutto si risolve, e difatti nei versi che seguono, viene presentato il ‘palinsesto’ del Poema, discesa agli Inferi, poi il  Purgatorio, e infine, previo avvicendamento con Beatrice e per intercessione celeste, il Paradiso.

Il Maestro, termine aulico, regge l’allievo, il discepolo, e rappresenta non tanto la sola conoscenza, quanto piuttosto la trasmissione di essa. Dante inoltre, si pronuncerà con molte riserve, su coloro che trasmettono il sapere a scopo di lucro, poiché la conoscenza non è una proprietà, ma un bene comune.

E ancora, di Dante è attuale la visione del lavoro e delle capacità di chi virtuosamente vi si adopera come artefice, sia con la parola che con i numeri e con le mani. Il merito è dato a ciascuno in ragione del proprio impegno, e non viene in capo alla famiglia o al casato. Dalla Firenze guelfa del ‘Governo di Popolo’ e del ‘Consiglio dei Cento’, ai quali prendevano parte solo artefici e plebei, il nostro Poeta, come Priore delle Arti, mandò esule l’irrequieto Cavalcanti,  primo fra i suoi amici. Dante è sempre per il rispetto delle regole, quali che siano. Le regole sono anzitutto quelle del Comune, nelle quali egli credette fino in fondo, e se dopo l’esilio scese in armi contro Firenze, fu solo per ristabilirvi la legalità. In seguito, come simpatizzante ghibellino, lo ritroviamo auspicare un potere stabile ed unico quale quello dell’Imperatore.

I dialoghi e le scene che si succedono con ritmo serrato nella Divina Commedia, giustificano le rappresentazioni simboliche di Poeti e di altri personaggi archetipici, mitici, biblici, attraverso l’analisi umana ed esistenziale di molti tra i protagonisti del suo tempo, e tranne che con gli Ignavi, che non hanno niente da dire per non aver mai preso posizione in vita, indegni finanche di esser mandati all’Inferno, Dante si fermerà a ragionare con tutti.

Dante fu sempre un politico e sarà infine a capo di una vera e propria fazione armata, e a rappresentare come mediatore l’intera coalizione durante il periodo della tentata pacificazione, voluta da Benedetto XI. Ancora anni dopo, pentito, cercherà di implorare il perdono per rientrare a Firenze.

L’impegno politico di Dante non può considerarsi secondo a quello artistico e letterario, benché egli non sia passato alla storia per questo.

Dunque, cari colleghi,

la complessità di ogni sistema presume l’impegno di ciascuno di noi, al quale non è concesso sottrarsi

e pertanto, a meno di non voler finire giù di sotto fra gli Ignavi…

perché non iscriversi all’Aio?

         Armando De Cuntis

segretario culturale Aio Roma

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